Batterie allo stato solido: a che punto siamo
Detta così, la batteria allo stato solido è un obiettivo da raggiungere a tutti i costi per garantire all’automobile elettrica di diventare finalmente competitiva e vincitrice nella sfida con le auto termiche. Non è tutto rosa e fiori: a che punto siamo con le batterie allo stato solido, e quali sono i loro limiti? Iniziamo dai difetti di questa soluzione, che sebbene sembri perfetta sulla carta ha alcune sfide ancora molto complesse da superare prima di una vera diffusione a macchia d’olio sul mercato. Il primo ostacolo da superare è rappresentato dall’elettrolita solido. Il motivo per cui si è sempre usata la tecnologia liquida è la sua stabilità: sebbene infatti abbia dei surriscaldamenti e un’usura piuttosto importante, l’elettrolita liquido è generalmente stabile, chimicamente inerte e con una conduttività buona o ottima. Se l’elettrolita ha il solo difetto di scaldarsi, gli elettroliti solidi utilizzati e studiati finora hanno la fastidiosa tendenza ad espandersi durante il proprio uso e sviluppare la formazione dei dendriti, delle strutture ramificate che si formano durante l’elettrodeposizione in fase di carica e scarica.
Sebbene i dendriti non rischino di intaccare l’integrità della batteria, la loro formazione riduce l’efficienza e le prestazioni delle batterie, intaccando quindi la potenza erogata dai motori elettrici e l’autonomia. Sebbene si tratti di un problema importante, il vero limite fisico delle batterie allo stato solido è la tendenza ad espandersi durante l’utilizzo, un problema che rischia di creare problemi di sicurezza e non solo di prestazioni a lungo andare. Altri limiti delle batterie allo stato solido sono gli effetti che temperatura e pressione possono generare sulla batteria. L’operatività delle batterie allo stato solido quando le temperature scendono sotto i 10 gradi possono diventare complicate, offrendo prestazioni sufficienti o direttamente scarse. Quando poi gli elettroliti sono di tipo ceramico, è necessaria un’alta pressione per mantenere il contatto con gli elettrodi, rendendo complicata la produzione.
Questi problemi sono decisamente importanti, ma il vero freno alla diffusione delle batterie allo stato solido sono i costi davvero alti di questa tecnologia. La produzione delle batterie allo stato solido è infatti molto costosa: la necessità di mantenere l’alta pressione per la produzione di alcuni tipi di accumulatori allo stato solido necessita l’utilizzo di complessi (e costosi) macchinari per il sotto vuoto, ancora molto complicati da ridimensionare in scala industriale della produzione in serie. Il ridimensionamento del processo produttivo è ciò che rende le batterie allo stato solido incredibilmente costose, capace di arrivare a 8 o addirittura 10 volte il prezzo di una batteria identica allo stato liquido. Questo costo così alto ha fermato la diffusione delle batterie allo stato solido in ambiti consumer con prodotti più piccoli come smartphone, tablet e PC, il cui prezzo sarebbe arrivato a superare i 10.000 dollari in caso di batterie allo stato solido. Lo sviluppo, però, continua ad avanzare, offrendo spiragli per la produzione in serie di automobili con batterie allo stato solido nel prossimo futuro.
A che punto siamo con le batterie allo stato solido? Al momento, non ci sono automobili stradali prodotte in serie che utilizzano questa tecnologia. L’unica applicazione delle batterie allo stato solido è quella in prodotti di nicchia come i pacemaker, che necessitano di batterie leggere, piccole e dalla lunghissima durata. Nonostante le grandi sfide, sono tante le Case che stanno lavorando a questa tecnologia. Gli esperti parlano di altri 8-10 anni prima della diffusione a livello industriale della tecnologia delle batterie allo stato solido. Nel 2023 abbiamo visto un primissimo passo di avvicinamento, ovvero il lancio della prima automobile di serie dotata di batterie allo stato semi-solido, la Seres 5. Questa vettura, offerta con una batteria tradizionale allo stato liquido da 80 kWh, è proposta anche con una batteria dotata sia di un elettrolita liquido che di uno solido. Questa batteria “ibrida” è più leggera di quella tradizionale e ha una capacità superiore, pari a 90 kWh. In una fase di transizione, la soluzione ibrida potrebbe essere la più facile da attuare, anche se sono sempre più vicine le prime auto “sperimentali” prodotte con batterie allo stato solido.
Andando a vedere nel dettaglio a che punto siamo con le batterie allo stato solido in arrivo sul mercato,tra i brand che lavorano attivamente su questa tecnologia troviamo grandi colossi come Toyota, Volkswagen o Stellantis. La Casa giapponese, ad esempio, ha un team dedicato allo sviluppo di batterie allo stato solido, che lavora in collaborazione con lo specialista nipponico Panasonic. L’arrivo sul mercato? Toyota promette la sua prima auto con accumulatori solidi nel 2025. Anche Volkswagen si è affidata ad un’azienda più esperta nel settore delle batterie, QuantumScape. Secondo la Casa di Wolfsburg, le sue batterie di nuova generazione saranno in grado di avere una densità maggiore del 30% rispetto alle attuali batterie, e di caricarsi dallo 0 all’80% in poco più di 10 minuti.
Dopo la fusione di PSA con FCA e la creazione di Stellantis, il mega-gruppo franco-italo-americano si è legato a Total e collabora con CATL per la produzione di accumulatori allo stato solido previsti sul mercato per il 2026. Attenzione poi a Ford e BMW, che investono nella startup Solid Power, una delle più interessanti nel panorama mondiale. Sebbene la produzione in serie sia ancora lontana, Solid Power promette un incremento della densità rispetto alle batterie attuali del 50%, ma anche un taglio dei costi di produzione del 40% entro il 2025, rendendo quindi ben più abbordabile il loro utilizzo anche su vetture di alta gamma.
Ci sono infine Case auto che lavorano “da sole”, come Tesla, che sta mettendo a punto la sua batteria allo stato solido in autonomia e promette di rivoluzionare di nuovo il mondo dell’auto elettrica come ha fatto (e sta ancora facendo) negli anni ’10 e ’20 del ventunesimo secolo.
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