Ne esistono di due tipi, idraulico ed elettronico, e sono molte le applicazioni sulle auto che consentono di intensificare o diminuire l’effetto del servosterzo. Solitamente, si intendono sistemi che in modo direttamente proporzionale alla velocità induriscono lo sterzo al crescere della velocità: in città avremo uno sterzo più morbido, in curva veloce uno sterzo più duro. Un problema sorto una ventina d’anni fa, quando si pensò di aumentare il rapporto di sterzo compromettendo, però, la maneggevolezza della vettura.
Ecco il motivo per cui è nato il servosterzo, in realtà già sperimentato negli anni ‘20 negli Stati Uniti d’America sulle auto di lusso. Solo a partire dagli anni ‘90 il servosterzo si è diffuso su larga scala anche sulle utilitarie, ma non è raro trovare modelli della metà degli anni ‘90 che ne sono ancora sprovvisti. Inizialmente si è puntato sui servosterzi idraulici, oggi tutto lavora grazie all’elettronica fino ai più complessi sistemi di sterzo senza albero, dove un impulso elettrico comanda lo spostamento delle ruote senza il rapporto diretto tra sterzo e asse. I sistemi idraulici sono poi andati scomparendo perché per mantenere in pressione l’olio serve una cinghia direttamente collegata al motore, che assorbe energia anche quando lo sterzo non è in movimento.
A differenza di quest’ultimo, il servosterzo elettrico oggi comunemente diffuso utilizza energia proveniente da una centralina solo quando viene richiesto uno sforzo. I sistemi più complessi, diffusi sulle auto sportive, parlano di servosterzi progressivi dove la centralina è in grado di gestire il giusto carico di energia da applicare per la servoassistenza.
Scopriamo cos’è il servosterzo, come funziona l’idraulico e l’elettrico e perché è fondamentale per evitare i dolori alle braccia.