Non è, come potrebbe sembrare a qualcuno, un semplice pezzo di metallo avvitato alla carrozzeria. Si tratta di un codice alfanumerico, progressivo, che racconta non solo la storia di un determinato veicolo bensì lo inquadra univocamente nel pubblico registro automobilistico.
Se una volta era consuetudine scrivere il nome della provincia per esteso prima delle cifre numeriche, da qualche anno a questa parte le targhe si sono semplificate e ora includono quattro lettere, due all’inizio e due alla fine, con tre lettere incluse nel mezzo. Fondamentale per la normale circolazione del veicolo (anche se esiste il caso particolare della “targa prova”), le targhe italiane sono letteralmente la carta d’identità dell’auto. Curiosamente agli albori del mondo dell’auto, siamo sul finire del diciannovesimo secolo, le auto circolanti erano talmente poche che non si sentiva l’esigenza di apporre un “codice” su ogni vettura. Solo con il crescere dei mezzi si sentì l’esigenza di porre rimedio e, almeno in Italia, fu introdotto il cosiddetto Regolamento di Circolazione per gli Automobilisti a obbligare l’uso delle targhe.
Oggi la targa risponde a regole ben precise, che andremo ad analizzare. Due i casi particolari da analizzare: la targa prova e la targa personalizzata. In quest’ultimo caso esistono precise limitazioni e regole da rispettare, mentre la prima si usa per scopi specifici tra cui auto non immatricolate per motivi pubblicitari, per eventi particolari e per collaudi. Vi sarà capitato di trovare per strada un prototipo non targato: sicuramente montava sul posteriore una targa di poche cifre, una vera e propria targa prova.