È da questo tipo di esigenza che nasce in molte città l’utilizzo del disco orario, uno strumento creato per limitare la durata temporale di un parcheggio, in modo tale che determinati veicoli non occupino per troppo tempo il suolo pubblico, lasciando il posto ad altre automobili, secondo un concetto di turnistica. Poiché sull’importanza del disco orario ancora oggi ci sono molte discussioni contrastanti, nelle prossime righe ne analizzeremo caratteristiche e regole di utilizzo.
Secondo il dizionario, il disco orario è un dispositivo che misura la durata di una sosta in un parcheggio. Il modello standard di disco orario prevede la presenza della scritta “ora di arrivo” e una serie di numeri che indicano le ore del giorno. L’automobilista, al momento del parcheggio, ruota il disco in modo che l’ora prestabilita sia sotto la dicitura “ora di arrivo”. Per fare un esempio: se un automobilista parcheggia la sua vettura alle 4 del pomeriggio, ruoterà la rotellina del disco orario fino a che il numero 16 non sia esattamente sotto la scritta “ora in arrivo”, e sarà visibile anche all’esterno. I vigili o gli ausiliari del traffico, leggeranno il numero 16 e capiranno che l’auto è lì in sosta dalle 4 del pomeriggio. La sosta oraria che viene garantita con il disco orario è valida solo in quei punti in cui ci sono le strisce blu e contemporaneamente il cartello del parcheggio (la classifica P bianco su sfondo blu) con in aggiunta il simbolo del disco orario. All’interno dello stesso cartello viene indicato anche il limite massimo della sosta a tempo, mediamente compreso tra l’una e le due ore.